di Saverio Crestini
La Giostra del Saracino, come ogni tradizione che si rispetti, vive di riti e cerimonie che si ripetono nel tempo. Non a caso il culto di questa festa, da oltre novant’anni, ha plasmato il calendario esistenziale di moltissimi aretini: gli appuntamenti del Saracino scandiscono il tempo, l’umore, persino le vacanze e influenzano mille aspetti psicologici di chi è coinvolto col cuore e la mente in questo mondo fuori dal tempo. Molti la chiamano “malattia”, alcuni la definiscono una “droga”, per altri ancora è semplicemente “la Giostra”, evento straordinario che si può comprendere nel profondo solo vivendolo.
Ma chi viene da “fuori” come può comprendere a pieno le più disparate dinamiche che regolano la vita dei Quartieri, le vere forze propulsive della traduzione? Proviamo ad aiutarli, buttando giù una sorta di manuale del perfetto “quartierista” ovvero di quelle che sono le abitudini di chi partecipa attivamente alla vita di giostra tutto l’anno. Partendo dalle fondamenta.
I quartieri
Arezzo è divisa, dal 1932, in quattro quartieri: Porta Crucifera (colori rosso e verde), Porta del Foro (colori giallo cremisi, Porta Sant’Andrea (colori bianco e verde) e Porta Santo Spirito (colori giallo e blu).
I ritrovi
Ad Arezzo “si va al Quartiere”. Guardando Corso Italia, se sei nato nella zona nord est della città vai “al Colcitrone”, se stai invece più a ovest vai “al Foro”, chi vive nella parte sud est va “al Sant’Andrea” e chi sta nella parte bassa verso ovest va “al Santo Spirito”.
All’interno di ogni rione sono aperti i famosi “circoli”, i veri punti di ritrovo e aggregazione dove si socializza, si mangia, si beve e si respira aria di Giostra. Il più conosciuto è il “Circolo de’ Ghibellini” di Porta Santo Spirito, ambiente aperto tutto l’anno e popolato durante l’inverno anche da simpatizzanti di altri quartieri. Altrettanto frequentato, ma esclusivamente da cruciferini, è il “Circolo rossoverde” di Palazzo Alberti a Porta Crucifera. A Porta Sant’Andrea c’è lo storico “Circolo Bianco Verde”, ritrovo del Comitato Giovanile, e a Porta del Foro da sempre è presente il “Circolo Giallo Cremisi” nei locali della palestra. I turisti negli appuntamenti conviviali sono sempre ben accetti.
Negli ultimi anni anche le scuderie di quartiere, o campi prova, sono diventati importanti punti di aggregazione per i quartieristi di tutte le età, soprattutto in primavera e a ridosso delle giostre. Questi ambienti sono particolarmente frequentati da chi ama i cavalli e ha voglia di vivere il Saracino guardando principalmente l’aspetto della competizione e della preparazione alla gara. In questo caso, gli ambienti sono frequentati soprattutto dagli addetti ai lavori.
L’appartenenza
I colori del proprio rione sono cuciti addosso al cuore, per forza e per amore. Non esistono cambi di casacca o mode passeggere nel Saracino: se nasci dentro i confini di una Porta, ci rimarrai per sempre. Il primo rito che sancisce questa appartenenza è il battesimo del quartierista, cerimonia laica celebrata in occasione delle feste patronali che si racchiude in un gesto forte e pieno di significato: il dono del fazzoletto. È il rettore del quartiere a legarlo intorno al collo al battezzato, che sia uomo, donna o bambino. E sulle sue spalle, rimarrà per sempre.
Ogni quartierista che si rispetti ha sempre con sé la tessera: associarsi al Quartiere è il primo atto di valore e responsabilità verso questa realtà: il versamento della quota annuale, infatti, permette la partecipazione alle assemblee dei soci e garantisce il diritto al voto. L’assemblea di fatto è sovrana e sono i soci, tramite libere elezioni, a scegliere il governo del proprio rione rappresentato dal Consiglio Direttivo.
I canti
Il vero cantico degli aretini è “Terra d’Arezzo”, inno della tradizione che si impara già nelle scuole. Realizzato e suonato in occasione della giostra del 1932, è stato scritto dal vice podestà di Arezzo Alberto Severi e messo in musica dal maestro Giuseppe Pietri. I quartieri, invece, non hanno degli inni ufficiali e riconosciuti ma si riconoscono in quello della città.
Tra le mura, le porte e i bastioni, si intonano i canti che richiamano la tradizione. Gli stornelli più celebri prendono spunto della “Verbena”, canto tipico della città di Siena e delle contrade del Palio (ufficialmente “E mentre Siena dorme”), e in alcuni casi riprendono fedelmente la famosa “corrente elettrica”. Stando ad alcune fonti, i protagonisti di giuochi e torneamenti rinati negli anni Trenta, come la Giostra, avrebbero preso da esempio il modello contradaiolo, già consolidato e oggettivamente spettacolare dal punto di vista folcloristico, per creare la figura del “quartierista”. Ma non solo: nel dopoguerra, oltre ai canti, sono stati ripresi altri riti come l’organizzazione della cena propiziatoria, della vittoria e il Te Deum.
Questi gli gli stornelli più conosciuti:
Colore rosso e verde, color che sempre spicca, ci siamo presi a picca, ci siamo presi a picca.
Se non vi piace il rosso, cambiateci colore, noi siam del Colcitrone, ci dovete rispettar.
Se non vi piace il rosso, tingetelo di vino, noi siam del San Lorentino, noi siam del San Lorentino.
Se non vi piace il giallo, tingetelo di oro, noi siam di Porta del Foro, noi siamo di Porta del Foro.
Colore bianco e verde, color che sempre spicca, ci siamo presi a picca, ci siamo presi a picca.
Se non vi piace il verde, cambiateci bandiera, noi siam del Sant’Andrea, noi siam del Sant’Andrea.
D’azzurro come il cielo e d’oro come il sole, di tutte le bandiere la più bella che c’è.
Simbolo è la colomba, che sta sopra il Bastione, che per forza e per amore la dovete rispettar.
Insieme ai canti della tradizione capita spesso di sentire cori da stadio, chiaramente modificati in chiave giostresca: una usanza certamente coinvolgente, ma per nulla attinente alla tradizione.
L’abbigliamento
Al quartiere si va vestiti comodi perché in ogni momento c’è sempre qualcosa da fare, che ci si trovi “in sede” o alle scuderie. Unico dettaglio: maglietta, pantaloni lunghi o corti e felpa devono avere sempre un richiamo ai colori del cuore. Non è un caso che addosso ai quartieristi si possano ammirare capi d’abbigliamento tra i più originali e variegati forgiati da stemmi, loghi, frasi, motti e disegni, soprattutto goliardici.
Cosa diversa per la cena propiziatoria e la cena della vittoria: nel primo caso la scelta del dress code è diversa tra quartiere e quartiere (c’è chi preferisce stare comodo e chi si veste “a modo”), mentre per i festeggiamenti della lancia d’oro è di rigore l’abbigliamento elegante. Possiamo dire che in queste occasioni, senza falsa modestia, le aretine e gli aretini sono un gran bel vedere!
I sette giorni (e più) che precedono la sfida
L’estrazione delle Carriere
Il momento che dà inizio alla Giostra, nel senso più ampio del termine, è l’estrazione delle carriere in piazza della Libertà. Tutto parte nel preciso istante in cui i paggetti dei quattro quartieri, sette giorni prima della sfida di piazza Grande, estraggono a sorte l’ordine delle carriere decretando chi correrà per primo, secondo terzo o quarto: da quel momento la vita dei quartieristi inizia a seguire un iter che non può essere violato per nulla al mondo.
Le prove in piazza
Ogni sera, se si corre a giugno, e ogni pomeriggio, se si corre a settembre, è d’obbligo andare a vedere i propri giostratori alle prove in piazza. I quartieristi, arrivati in piazza Grande, si siedono in tribuna A (accesso gratuito) senza seguire alcuna distinzione di posto ma stando in gruppo. Qui possono assistere ai tiri dei cavalieri contro Buratto Re delle Indie: i primi colpi contro il cartellone accendono le più animate discussioni, analisi, disamine e anche qualche sproloquio.
Le prove durano cinque giorni dalla sera (giugno) o la mattina (agosto) delle estrazioni: quattro sono regolari, una facoltativa. Il sesto giorno, invece, si corre la Prova Generale, la simulazione della Giostra riservata ai cavalieri di riserva. A giugno la Giostra si corre il sabato in notturna, in onore di San Donato, a settembre invece la domenica di giorno, in onore della Madonna del Conforto.
Un tempo le prove erano molto accese e capitava di veder volare qualche pugno, ma oggi tutto viene vissuto con più moderazione. Finita la sessione dei propri cavalieri, si va al quartiere.
La settimana del Quartierista
Prima, durante e dopo le prove il Quartiere è in pieno fermento perché sono iniziate le grandi feste nei quartieri. Un tempo duravano sette giorni, ma da ormai diversi anni iniziano molto prima.
Ogni rione organizza un suo programma di iniziative a base di ristorazione, musica, spettacoli, dibattiti e iniziative di Giostra. Questo genera in città un fermento unico nel suo genere, con migliaia di persone di ogni fascia di età che si riversano nei quartieri per vivere serate di divertimento e spensieratezza nella cornice unica della tradizione. Le “sedi” diventano delle vere e proprie calamite che innescano il meccanismo della comunità, quell’insieme di persone unite tra loro da rapporti sociali e un grande interesse comune: la Giostra del Saracino.
La grande macchina organizzativa dei Quartieri è spinta dai volontari, persone di qualsiasi età, sesso, cultura ed estrazione sociale che dedicano il loro tempo libero alla causa del rione. La loro passione è spesso ripagata con il costume, ovvero con la possibilità di partecipare alla Giostra e ai suoi eventi collaterali indossando gli abiti storici del Quartiere.
Durante la settimana del quartierista, che sia di giugno o settembre, il divertimento è sempre assicurato fino a tarda notte: spenta la musica, iniziano i canti e anche qualche baruffa tra quartieristi rivali.
La cena propiziatoria
La sera della “propiziatoria” è il culmine del grande avvicinamento alla Giostra. I protagonisti della cena, che siedono nel palco d’onore, sono i giostratori che correranno in piazza Grande accompagnati dai rettori e i capitani dei Quartieri: i primi rappresentano le figure istituzionali mentre i secondi sono i responsabili delle strategie di Giostra.
Le grandi tavolate, che richiamano migliaia di commensali, vengono allestite nello slargo di Colcitrone, lungo via San Lorentino davanti all’omonima Porta, in piazza San Giusto accanto a Porta Trento Trieste e in via Spinello Aretino, a due passi dai Bastioni. I canti, i sorrisi e lo stare insieme col fazzoletto al collo sono la sintesi di uno dei riti più belli della Giostra del Saracino che può vivere chiunque: alle cene propiziatorie partecipano i più fervidi quartieristi ma anche tanti simpatizzanti, insieme ad una buona dose di ospiti istituzionali e forestieri.
In occasione di questo giorno il quartierista che partecipa fa sempre una scelta: o servire, e quindi dare la propria disponibilità di stare in cucina, alle griglie o al servizio, o cenare. La decisione in realtà non è per nulla scontata, perché dietro le quinte di una cena propiziatoria c’è un mondo fatto non solo di lavoro, ma di tantissimo divertimento.
Finita la cena, scandita dai canti, i discorsi dei rettori e “la garra” verso i giostratori, molti quartieristi praticano l’antica usanza del lancio del sale sulla lizza di piazza Grande: non è raro, infatti, vedere piccole “squadre di scaramantici” partire dalle sedi dei quartieri per andare a cospargere di minerali la terra dove correranno i Giostratori. Una tradizione tanto originale quanto pericolosa, dato che spesso i quartieristi rivali si ritrovano viso a viso… e con il sale in mano!
Il giorno della Giostra
Il Bando
Il primo colpo di mortaio, alle 7 della mattina, dà inizio al giorno della Giostra. È il momento in cui gli aretini iniziano a sentire la tensione e a provare le più disparate sensazioni in vista della sfida contro il Buratto.
Prima delle ostilità, la mattina alle ore 11 (secondo colpo di mortaio) i quartieristi sopravvissuti alle cene propiziatorie si recano nelle strade del centro per assistere al Bando, ovvero l’annuncio dell’Araldo a partecipare alla Giostra del Saracino. La cerimonia tocca cinque punti specifici della città dove avviene la chiamata al popolo aretino: palazzo Comunale, il sagrato della Pieve di Santa Maria, il sagrato della chiesa di San Michele nell’omonima piazza, l’angolo tra Corso Italia e via Roma e il sagrato della Basilica di San Francesco nell’omonima piazza.
Questo evento è molto sentito sia dagli aretini che dai turisti, molto meno dai figuranti che dopo le notti brave nei quartieri devono svegliarsi presto per vestirsi e partecipare in maniera fiera e decorosa alla sfilata.
I pranzi
I quartieristi di ogni rione, il giorno della Giostra, organizzano dei pranzi riservati a pochi eletti. A questi convivi partecipano quelle persone che vivono tutto l’anno per il Quartiere e che, di lì a poco, sfileranno in piazza Grande. I luoghi prescelti sono ristoranti storici di Arezzo, case di privati, sedi e circoli dei Quartieri: è qui che fratelli e sorelle si preparano a vivere il momento più atteso.
Le benedizioni
I figuranti dei quattro quartieri, prima dell’inizio della sfilata, si recano nelle proprie chiese per ricevere la benedizione del proprio parroco. I luoghi di culto interessati sono la chiesa di Santa Croce per Porta Crucifera, la chiesa di San Domenico per Porta del Foro, la chiesa di Sant’Agostino per Porta Sant’Andrea e piazza San Jacopo (dove sorgeva l’antica chiesa) per Porta Santo Spirito.
La benedizione del Quartiere, che vede in prima linea Rettori, Capitano e Giostratori, è un momento molto intimo e carico di significato per i quartieristi, e di certo è uno dei momenti più belli della Giostra insieme alla benedizione solenne impartita dal Vescovo sul sagrato del Duomo.
I ritrovi lungo la sfilata
Il giorno della Giostra ci sono dei ritrovi ben precisi dove gli aretini assistono al corteggio storico (che parte da piazza San Domenico): i quartieristi di Porta del Foro stanno sul muraglione di viale Bruno Buozzi che fronteggia la Casa del Petrarca; i bianco verdi di Sant’Andrea stazionano sulla terrazza della Pieve di Santa Maria e all’angolo tra via di Seteria e Corso Italia (“dal Bichi”); i cruciferini invece occupano tutta piazza San Michele mentre le colombine di Santo Spirito prendono posto in via Roma davanti ai Portici.
Quelli elencati possono essere definiti a tutti gli effetti i “luoghi caldi” della sfilata, dove si sostiene il proprio Quartiere o si inveisce contro quello avversario (la Giostra in questo è decisamente poco sportiva).
È Giostra
Il quinto colpo di mortaio, che viene sparato alle ventuno e trenta nell’edizione di giugno e ad ora diciassettesima in quella di settembre, sancisce l’entrata in piazza e l’inizio della Giostra del Saracino.
Questo momento, in cui il popolo aretino evoca la sua gloriosa storia e i cavalieri dei quartieri si sfidano per conquistare la celebre Lancia d’Oro, non si può descrivere. Si può solo vivere.
Per forza e per amore.