La Giostra tra sacro e profano: quando la Tradizione è più di una Fede

di Saverio Crestini

C’è un momento ben preciso nella vita di un aretino in cui il desiderio di recarsi in Duomo è spinto da una passione irrefrenabile. Quello, è il giorno della Giostra.

Il perché si racchiude nello spasmodico desiderio di chiedere grazie a Dio (in latino Te Deum) per la conquista della lancia d’Oro, raffigurazione unica al mondo della vittoria di un popolo baciato dal destino: è proprio lì, tra le navate della Cattedrale di Arezzo che si consuma l’apice del giubilo, conseguenza dello scontro a colpi di lancia tra i Cavalieri dei Quartieri e Buratto Re delle Indie. 

Le origini della Giostra

Sacro e profano si fondono fin dagli albori della Tradizione aretina quasi sempre per la ricorrenza del Santo Patrono, il 7 di agosto: in onore di San Donato, vescovo di Arezzo martirizzato e decapitato secondo la leggenda, si corrono i primi pali alla lunga nel 1300, quando i cavalli “scossi” galoppavano lungo l’infinito rettilineo che partiva da “La Mossa” e terminavano la loro corsa alla Pieve di Santa Maria Assunta, percorrendo le attuali via Romana, via Vittorio Veneto e Corso Italia. Ed è in quello stesso giorno, ma del 1931, che si disputa in piazza Grande la prima edizione della rinata Giostra del Saracino, rievocazione storica che fa battere il cuore degli aretini ininterrottamente da 90 anni.

Ma la Cattedrale, luogo in cui sono conservate le spoglie del “Divo Donato” (da cui prende il nome), non rappresenta solo il punto di arrivo della più grande festa di popolo della città, ma anche quello di partenza: è nelle mani del Signore (tecnicamente, in quelle del parroco Don Alvaro) che viene consegnato il trofeo della Giostra perché possa essere custodito nell’attesa di un vincitore. Fatto che accade il giorno dell’estrazione delle carriere, cerimonia che sancisce l’inizio della settimana di prove in piazza e l’avvicinarsi del torneamento. Il luogo sacro si trasforma così in uno scrigno, contenitore di straordinaria bellezza a cui si rivolgono preghiere e promesse, cabale e riti, lacrime e scongiuri, solo per avere tra le mani anche una piccola scheggia di quel prezioso legno dorato.

San Donato
In onore di San Donato, vescovo di Arezzo martirizzato e decapitato secondo la leggenda, si corrono i primi pali – foto di Luca Deravignone.

Il miracolo di Santo Spirito

Tra le tante storie incredibili che richiamano alla “fede da Saracino” c’è quella di Porta Santo Spirito, quartiere che tra gli anni ‘80 e ‘90 sembrava colpito da una sorta di maledizione: il rione della “Colombina”, infatti, dal 2 settembre 1984 non riusciva più a vincere, angustiato da un digiuno che sembrava non finire mai. Il caso volle che nel 1996 ricorressero i 200 anni dal miracolo della Madonna del Conforto (15 febbraio 1796) e per questo fu deciso di dedicare alla Vergine protettrice di Arezzo la lancia d’oro dell’edizione di settembre (secondo l’usanza tutta aretina di intitolare il trofeo della Giostra a personalità, figure o ricorrenze storiche legate alla città).

Molti quartieristi giallo blu videro quella scelta come un segnale, tanto che la settimana prima del Saracino partì una vera e propria processione in Cattedrale nella cappella della Madonna, realizzata nel 1815 come pegno d’amore per aver salvato gli aretini dal terremoto.

Anche Nanni Capacci, giostratore di Porta Santo Spirito, fu uno dei protagonisti di questo pellegrinaggio (e non solo!): mentre si trovava a pregare incontrò uno storico dirigente dell’epoca, Edo Gori, che davanti all’immagine della Vergine di Provenzano si lanciò in una richiesta premonitrice: “Nanni, dovete vincere con dieci”. Quella Giostra, neanche a dirlo, fu realmente baciata dal cielo: dopo un bel IV di Gianni Vignoli, nella seconda carriera “Nanni” Capacci ruppe la lancia sul III, totalizzando VI punti e vincendo il Saracino con X. Miracolo o profezia?

Giubileo Madonna del Conforto
I quartieristi giallo blu iniziarono vincono dopo 12 anni la lancia d’oro dedicata alla Madonna del Conforto.

Le lance d’oro dedicate alla Chiesa

Negli anni di trofei dedicati a figure e luoghi spirituali ne sono stati vinti in tutti quartieri: Santo Spirito detiene un singolare record avendo conquistato, oltre alla lancia d’oro della Madonna del Conforto, quella dedicata a Papa Giovanni Paolo II (e benedetta nientemeno che da Papa Benedetto XVI in visita ad Arezzo), al Monastero di Camaldoli, la lancia della Fraternita dei Laici e quella dedicata al Giubileo della Misericordia. Anche questo “brocco”, così chiamato secondo la tradizione, ha avuto un’attenzione speciale da Papa Francesco durante una storica udienza in Vaticano, dove è rimasta esposta per mesi all’interno dei celebri Musei. A chiudere il cerchio il trofeo dedicato al Beato Gregorio X, pontefice che morì ad Arezzo nel 1276 di ritorno dal Concilio di Lione e a cui si deve il lascito di trentamila fiorini per la costruzione della Cattedrale. Porta Crucifera, invece, vanta il maggior numero di lance dedicate a San Donato, ben tre, insieme a quelle dedicate a Guido d’Arezzo, l’ideatore della moderna notazione musicale, e Guglielmino degli Ubertini, il Signore Vescovo caduto nella celebre Battaglia di Campaldino (11 giugno 1289) mentre era a capo dell’esercito Ghibellino, sconfitto dall’esercito fiorentino di parte Guelfa. Più magro il bottino spirituale di Porta del Foro, quartiere detentore della lancia di San Francesco d’Assisi, fondatore dell’ordine francescano che ricevette le stimmate in Casentino, sul monte della Verna, e di Porta Sant’Andrea, custode di un altro trofeo dedicato a San Donato.

Le intitolazioni delle lance, però, esulano da quelle che sono le dediche delle Giostre, rigorosamente rivolte ai protettori della città: il penultimo sabato di giugno, infatti, si corre l’edizione di San Donato mentre la prima domenica di  settembre si va in piazza per la Madonna del Conforto. Motivo per cui il Quartiere vincitore della Giostra di giugno si reca in preghiera verso l’altare della Cattedrale, dove spicca la trecentesca arca di San Donato, e chi trionfa a settembre prende la strada della cappella della Madonna del Conforto.

Lancia d'oro giubileo
La lancia dedicata a Papa Giovanni Paolo II fu benedetta nientemeno che da Papa Benedetto XVI in visita ad Arezzo.

Ad ognuno il proprio santo

Ogni quartiere ha comunque un proprio santo a cui rivolgersi. Non tanto per gli ormai noti scongiuri, ma per celebrare i festeggiamenti del Patrono rionale: Porta Crucifera ricorda San Martino l’11 novembre, Porta del Foro i Santi Lorentino e Pergentino (anch’essi patroni di Arezzo) il 3 giugno, Porta Sant’Andrea l’omonimo Apostolo il 30 novembre e Sant’Andrea Guasconi (nato Andrea Aretino) il 18 agosto. Infine Porta Santo Spirito celebra San Jacopo il 25 luglio. Ogni vessillo recante queste immagini sacre riceve, come da tradizione, la benedizione nella propria chiesa di Quartiere pochi minuti prima del corteggio storico: un rito che si celebra ogni Giostra di fronte alla chiesa di Santa Croce a Porta Crucifera, di San Domenico a Porta del Foro, di Sant’Agostino a Porta Sant’Andrea e di Sant’Antonio Abate a Porta Santo Spirito.

Questo è senza dubbio uno dei momenti più intensi del cerimoniale giostresco: davanti ai propri luoghi di culto i quattro popoli, capeggiati da rettore, capitano e giostratori, chiedono per l’ultima volta la protezione di Dio per affrontare la battaglia di piazza Grande. È in questo preciso contesto che il parroco di Quartiere grida ai propri cavalieri “Andate, e tornate vincitori!”, mentre le campane risuonano a stormo e i canti della tradizione si innalzano dagli schieramenti fino alla partenza del corteggio storico.

Di lì a poco più di quattrocento figuranti provenienti da ogni parte della città saranno di nuovo al cospetto di San Donato, sopra l’immenso sagrato della Cattedrale: qui riceveranno la benedizione del Vescovo per poi marciare, al ritmo dei tamburi, verso la lizza di piazza Grande. Ad attenderli la sfida contro Re Buratto, il “nemico di cristianità” che ricorda ogni anno la storia di un popolo forgiato da mille battaglie. Solo il Quartiere baciato dal destino potrà ringraziare Dio per la conquista della lancia d’oro e tornare con lei proprio lì, dove tutto è iniziato. In un tripudio di lacrime, tra gli sguardi di santi, quartieristi e sognatori.

Benedizione Porta del Foro a San Domenico
Davanti ai propri luoghi di culto ogni quartiere chiede per l’ultima volta la protezione di Dio per affrontare la battaglia di piazza Grande.