Il 29 giugno 1440, nella piana a est di Anghiari, si svolse una delle battaglie più celebri del XV secolo in Italia.
Il Ducato di Milano, retto dai Visconti, si scontrò con una coalizione guidata dalla Repubblica Fiorentina, che comprendeva anche lo Stato Pontificio e Venezia. I milanesi, guidati dal celebre condottiero Niccolò Piccinino ma in inferiorità numerica, ebbero la peggio. L’esito finale cambiò gli equilibri politici della Valtiberina e, come sottolineò Niccolò Machiavelli, della Toscana e dell’Italia per gli anni a seguire.
Sul luogo del trionfo venne eretto un tabernacolo, detto di Santa Maria della Vittoria, e ancora oggi ad Anghiari si corre il “Palio della Vittoria” per ricordare il momento storico.
Nel 1503 l’eco di quella giornata campale era ancora forte e Pier Soderini, gonfaloniere a vita di Firenze, commissionò a Leonardo da Vinci un enorme dipinto per una parete del Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio a ricordo della vittoria. Su un’altra parete a Michelangelo Buonarroti venne affidata l’esecuzione della “Battaglia di Cascina”.
Leonardo lavorò all’impresa dal 1503 al 1506. Solo il cartone preparatorio lo impegnò per un anno. Per eseguire l’opera il genio rinascimentale sperimentò delle tecniche che tuttavia non dettero i risultati sperati. In particolare utilizzò una tecnica a olio simile alla pittura a encausto, accendendo assieme ai collaboratori dei grandi fuochi per asciugare il dipinto, ma la pittura si rivelò instabile e il calore fece dei danni irreparabili. Scoraggiato per il fallimento e preso da altri impegni, il vinciano decide di abbandonare il progetto.
La perduta “Battaglia di Anghiari” rappresenta ancora oggi uno dei più grandi e irrisolti enigmi della storia dell’arte. Nonostante l’utilizzo di sistemi sofisticati che hanno dato esito negativo, c’è chi dice che quel poco che si era salvato, come ad esempio la scena centrale della “Disputa per lo stendardo”, sia nascosto sotto agli affreschi realizzati nella stessa parete da Giorgio Vasari tra il 1557 e il 1563, durante i lavori di ammodernamento di Palazzo Vecchio. Di sicuro rimangono i bellissimi studi e disegni preliminari, oltre ad alcune copie realizzate da altri artisti quando ancora la battaglia era visibile o circolava il cartone leonardesco che la riguardava, oggi scomparso.
Tra le copie più famose ci sono quella di inizio Seicento attribuita a Pieter Paul Rubens e quella della seconda metà del Cinquecento, detta “Tavola Doria”, attribuita a Francesco Morandini.
Il Museo della Battaglia e Anghiari, allestito nel Palazzo del Marzocco di Piazza Mameli, ad Anghiari, racconta la storia dello scontro del 1440 e le vicende del dipinto perduto di Leonardo attraverso la valorizzazione delle testimonianze sia dell’evento storico, sia di quello artistico. Tra le opere custodite, si può ammirare una copia seicentesca del pittore fiammingo Gerard Edelinck. Il museo è utile anche a ripercorre la storia dello splendido borgo valtiberino, dalla preistoria ai nostri giorni.
Tavola Doria, Francesco Morandini (1563?) Gallerie degli Uffizi, Firenze
Anonimo del XVI secolo e Pieter Paul Rubens, Copia Battaglia di Anghiari di Leonardo da Vinci, Louvre, Parigi
Leonardo da Vinci, testa di Niccolò Piccinino, studio per la Battaglia di Anghiari (1503 circa) Szépművészeti Múzeum, Budapest
Leonardo da Vinci, Testa di cavaliere, studio per la Battaglia di Anghiari (1503 circa) Szépművészeti Múzeum, Budapest
Leonardo da Vinci, Mischia tra cavalieri, studio per la Battaglia di Anghiari (1503 circa) Gallerie dell’Accademia, Venezia
Leonardo da Vinci, Cavalieri con stendardi, studio per la Battaglia di Anghiari (1503 circa); Windsor, Royal Library
Leonardo da Vinci, Mischia tra cavalieri, studio per la Battaglia di Anghiari (1503 circa) Gallerie dell’Accademia, Venezia
Leonardo da Vinci, Cavalieri in lotta, studio per la Battaglia di Anghiari (1503 circa); Windsor, Royal Library