Ponte Buriano è il ponte aretino più famoso tra quelli storici che superano l’Arno.
L’attraversamento prende il nome da un antico villaggio più distante dal fiume rispetto alla frazione odierna, oggi scomparso. Anche dell’abitato che si sviluppò nel medioevo alle due estremità del ponte è rimasta solo una parte sulla sponda destra.
In epoca etrusca nella zona, attraversabile nei mesi estivi con un guado carrabile, vi doveva essere un ponte di legno leggermente più a valle. Nel periodo romano ne venne costruito uno più robusto, con i pilastri in muratura sui quali forse continuava a correre una struttura lignea.
Da qui passava la via consolare Cassia Vetus di età ellenistica, che da Roma arrivava ad Arezzo e quindi si inoltrava nel Valdarno Superiore, prima di raggiungere Fiesole e dal I secolo a.C. la nuova colonia di Florentia, la futura Firenze.
In epoca medievale il tracciato continuò a essere di grande rilevanza. Nel XII secolo era presente un ponte che in parte riutilizzava quello romano, ma nel Duecento si decise di costruirne uno nuovo. Una pietra tra i fori delle centine di un’arcata riporta il 1240, forse l’anno di inizio lavori finanziati dagli Accolti e dai Chimenti. Il 1277, citato anche negli Annali Aretini, è considerato invece l’anno di conclusione dei lavori.
Le due famiglie nel 1328 contribuirono pure all’erezione dell’Oratorio di San Francesco, ricostruito completamente nella seconda metà del XVII secolo ancora a spese dei Chimenti, il cui stemma è collocato nella facciata. La riconsacrazione avvenne nel 1695.
Meraviglia dell’ingegneria medievale, Ponte Buriano è giunto a noi con il rivestimento in pietra arenaria e i poderosi sproni che arrivano fin quasi al piano di calpestio. Nel corso dei secoli più di una volta sono stati compiuti interventi di rinforzo e restauro, in particolar modo dei piloni messi a dura prova dalle piene e dalle “fodere”, ovvero le zattere formate da tronchi legati tra loro, che dal XIV secolo attraversarono di continuo le arcate per raggiungere Firenze, Pisa e altre città lungo il percorso dell’Arno. Il legname proveniva dalle foreste casentinesi e veniva fatto scorrere sul fiume per giungere ovunque sarebbe servito.
Fino al 1778, a breve distanza dall’attraversamento, sorgeva la locanda dove secondo la tradizione il 1° maggio 1581 sostò il filosofo francese Michel de Montaigne, che nel suo giornale di viaggio ricordò la bellezza dell’attraversamento. Una lapide nella facciata dell’edificio, in seguito cambiò destinazione, rimanda a questo episodio.
Il 16 luglio 1944 i tedeschi in ritirata minarono le fondamenta per farle saltare in aria. Per fortuna il progetto fallì grazie al blitz di un gruppo d’assalto inglese del reggimento Lothians and Border Horse ricordato da una targa.
Nel 1992 Ponte Buriano salì agli onori delle cronache grazie alle intuizioni di Carlo Starnazzi, che riconobbe nell’ambientazione che fa da sfondo alla “Gioconda” di Leonardo da Vinci, databile al 1503/1504, proprio il ponte romanico. La tesi venne accettata dai alcuni dei più grandi leonardisti, come Carlo Pedretti, direttore dell’Hammer Center for Leonardo Studies di Los Angeles.
Dal 2016 la ex scuola elementare ospita il Museum Leonardo e l’Aretino dedicato agli studi del professor Starnazzi, una mostra permanente multimediale pensata come centro di documentazione che dà continuità alle ricerche riconosciute a livello mondiale dello studioso.
Ponte Buriano è uno dei punti di partenza prediletti per immergersi nella Riserva Naturale Regionale di Ponte Buriano e Penna.
Un chilometro a monte di Ponte Buriano si trova Cincelli, un piccolo borgo che si sviluppa intorno alla Chiesa di Santa Maria Assunta, edificio di origine medievale ma rimaneggiato nei primi decenni del Novecento in stile neogotico su progetto di Antonio Bizzelli. Il caratteristico campanile risale al 1871 e connota lo skyline di questa zona di confine del territorio comunale di Arezzo con quello di Capolona.
Secondo gli studiosi il nome del luogo deriva dal latino “centum cellae” e fa riferimento alle camere di cottura delle fornaci dove si produceva la celebre ceramica da mensa aretina di epoca romana. Gli “Arretina Vasa”, dal caratteristico colore rosso corallo, vennero esportati in tutto il mondo romano e oltre, rendendo Arezzo particolarmente fiorente tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C.
Dalle cave di Cincelli si estraeva argilla di ottima qualità, che consentì di trasformare l’area nel più importante distretto di produzione vascolare esterno alla città. Qui avevano le loro succursali anche alcuni dei più conosciuti ceramisti dell’epoca, come Gaio Cispio, Marco Perennio e Publio Cornelio.
I ritrovamenti del passato hanno restituito resti di fornaci e vasche utili a far decantare l’argilla, depositi di scarti di lavorazione, nonché stampi, strumenti da lavoro tipici dei vasai e bolli che indicavano i nomi dei ceramisti.
Gli oggetti venivano prodotti in serie, un’idea rivoluzionaria per l’epoca, che portò a una sorta di antesignano lavoro a catena. Questo permetteva una maggiore produzione, accompagnata da una qualità del prodotto indiscutibile. I vasi corallini di Arezzo furono così, per molto tempo, la migliore produzione di ceramica da mensa in circolazione.
Non lontano da Cincelli, a due chilometri da Ponte Buriano, Meliciano è un altro minuscolo borgo incantato al confine del territorio comunale di Arezzo, incastonato tra dolci colline, campi coltivati e vigneti di uva da Chianti.
Il toponimo deriva secondo gli studiosi dal prediale romano “Milesius”. Tra l’XI e il XIII secolo nella zona è documentato un castello completamente scomparso. Il piccolo borgo ha oggi in Villa Cassi il suo edificio più importante e notevole, un insieme composto della dimora padronale e da altre strutture annesse in gran parte recuperate. La villa è provvista di un oratorio esterno dedicato a Santo Stefano, risalente alla metà dell’Ottocento. La Chiesa di San Michele Arcangelo sorse in epoca medievale, ma quella attuale è una ricostruzione portata a compimento nel 1880.