Mirabile opera di ingegneria idraulica dalla lunga storia, la Chiusa dei Monaci è il punto di partenza dell’itinerario ciclopedonale denominato Sentiero della Bonifica “Vittorio Fossombroni”, che da Arezzo raggiunge Chiusi e affianca per 62 chilometri il Canale Maestro della Chiana, portando alla scoperta dei vari manufatti che nei secoli servirono alla complessa bonifica della vallata. In senso opposto, dalla chiusa parte una bretella che collega il percorso a Ponte Buriano e alla ciclopista dell’Arno.
La Chiusa dei Monaci si trova nella periferia occidentale di Arezzo, raggiungibile dopo aver percorso via Calamandrei e svoltato a destra alla rotonda di Chiani in direzione di via Molinara. Oggi è immersa in un contesto naturale stupendo, ideale non solo per le passeggiate all’aria aperta ma anche per il relax.
La prima chiusa era già citata nei documenti del 1115 ma si trovava leggermente più a valle di quella attuale. Fu voluta dai monaci benedettini della Badia delle SS. Flora e Lucilla di Torrita di Olmo, che la utilizzarono sia come “pescaia”, sia per alimentare con un canale artificiale le gualchiere per la lavorazione della lana e un mulino per i cereali.
In un’epoca nella quale la Val di Chiana soffriva di progressivo impaludamento, la chiusa fu utile anche a regolare il deflusso delle acque. Per lo stesso motivo il Comune di Arezzo tra il 1339 e il 1348 promosse l’abbassamento dell’alveo di quello che era definito “fossatum novum”, primo passo del futuro Canale Maestro e la vecchia infrastruttura fu ricostruita. L’escavazione del letto della Chiana nei dintorni della Chiusa dei Monaci proseguì sotto il controllo di Firenze anche dopo la definitiva sottomissione di Arezzo del 1384.
Le piene che ciclicamente travolgevano il manufatto portarono nel 1532 a un nuovo smantellamento e alla conseguente riedificazione negli anni a seguire. Altre alluvioni devastanti, seguite da ricostruzioni, sono documentate per tutta la seconda metà del Cinquecento. Fu così che alla fine del secolo gli aretini ipotizzarono un ulteriore ampliamento del canale, ma i fiorentini si opposero, temendo che una maggiore gettata nell’Arno avrebbe comportato un rischio più elevato di inondazioni nella loro città.
Anche nel 1601 e 1603 le piene provocarono danni alla chiusa e per questa ragione i monaci ottennero l’autorizzazione a trasferirla poco più a monte, dove la roccia permetteva delle fondamenta più solide. Nel 1607 ci fu tuttavia un nuovo crollo e il successivo rifacimento. Sempre nel corso del Seicento il matematico Enea Gaci suggerì la demolizione totale dell’opera, ma Evangelista Torricelli, dal 1641 matematico ufficiale del Granducato di Toscana, si oppose al progetto.
A metà Settecento l’ingegnere Leonardo Ximenes fu invitato a sviluppare un piano per abbassarla, ma per non compromettere la navigabilità del canale non se ne fece nulla. Nel 1769 furono avviati i lavori di restauro alla chiusa, ormai fatiscente. Nel 1797 fu ceduta dai benedettini, dopo quasi otto secoli, all’Ordine dei Cavalieri di Santo Stefano che già gestiva grandi proprietà agricole nella vallata per conto del governo lorenese. In quegli anni pure Vittorio Fossombroni, soprintendente al dipartimento delle acque della Val di Chiana, consigliava la riduzione del suo livello.
Nuovi rifacimenti interessarono l’opera nel XIX secolo. Dal 1829 al 1839 l’ingegnere Alessandro Manetti progettò un considerevole abbassamento e la realizzazione di nuove paratoie e di uno scaricatore a fianco per regolare il flusso delle acque. La possente infrastruttura in pietra e laterizio del Manetti è quella che ammiriamo in buona parte ancora oggi, nonostante i danni bellici del 1943 che distrussero il regolatore di destra, poi sostituito con un canale derivatore.
Subito a valle della Chiusa dei Monaci si può ammirare da un punto di vista privilegiato il Mulino Romboli, uno di quelli che sfruttavano le acque del Canale Maestro per le attività di molitura.