Badia Prataglia

Stazione climatica tra le più caratteristiche del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna, nonché punto di riferimento per chi vuole visitare quella parte di Casentino prossima alla Romagna, Badia Prataglia si è affermata nel corso del Novecento come centro di villeggiatura e strategico crocevia per gli amanti delle escursioni.

Il borgo, oggi compreso nel territorio comunale di Poppi, si sviluppò agli inizi dell’XI secolo intorno all’Abbazia di Santa Maria Assunta e San Benedetto, monastero benedettino sorto a partire dal 986, A fondare la badia furono dei monaci provenienti da Montecassino, incentivati dal vescovo di Arezzo Elemperto. Nel 1008 lo stesso presule consacrò il monastero e la sua chiesa ultimati.

Fino alla metà del XII secolo l’abbazia aumentò la propria influenza e i propri possessi grazie a notevoli donazioni, in particolare a quelle dei vescovi aretini. L’espansione si scontrò però con quella del vicino Monastero di Camaldoli, che pian piano prese il sopravvento e tra il 1157 e nel 1183 anche i monaci di Badia Prataglia dovettero accettare la regola camaldolese.

Nel 1314 ci fu un rifacimento della chiesa abbaziale, ma il cenobio sopravvisse solo fino al 1391, quando Papa Bonifacio IX lo soppresse. Per fortuna sopravvisse la Chiesa di Santa Maria Assunta e San Benedetto, che si ammira ancora al centro del paese. L’edificio è ciò che resta dell’antica abbazia e ancora presenta alcune tracce della struttura medievale, come l’abside semicircolare e la cripta a tre navate e due campate, con archi a tutto sesto e volte a crociera, che ha nei capitelli delle colonne alcuni elementi fitomorfi. Nella cripta è presente anche una singolare figura umana in pietra con le braccia alzate, definita un orante. Gli interventi del 1630 alla chiesa portarono in dote i due altari laterali e il fonte battesimale. Durante gli interventi di ripristino stilistico del 1930 venne infine innalzato il campanile.

Oltre al centro abitato principale, Badia Prataglia comprende agglomerati di abitazioni, detti “castelletti”, sparsi qua e là tra castagneti e abetine e collegati tra loro da un sentiero.

In località La Casina, lungo la strada che conduce a Corezzo e Rimbocchi, nel territorio di Chiusi della Verna, si trova La Grotta, ovvero una cappella dedicata alla Madonna di Lourdes fatta costruire nel 1939 dal parroco Lorenzo Mondanelli come ringraziamento per essere stato protetto dalla Vergine mentre era in missione in Cile,

Il Museo Forestale “Carlo Siemoni” è dedicato a Karl Siemon, italianizzato come Carlo Siemoni, ingegnere forestale boemo ed esperto in selvicoltura e botanica, che fu chiamato ad amministrare le foreste casentinesi nel 1837 dal Granduca Leopoldo II. Nel museo si possono osservare anche le gigantografie della flora e della fauna dell’Appennino.

Accanto alla struttura museale si trova l’Arboreto, il più antico d’Italia, impiantato nell’Ottocento dall’ingegner Siemoni, che aveva il difficile compito di rimediare alle condizioni dei boschi, rovinati dai tagli indiscriminati dei monaci camaldolesi e dei coloni che appoderavano senza autorizzazione vaste porzioni di foresta. Siemoni fu coadiuvato nella sua attività da un altro forestale boemo, Antonio Seeland, e in seguito dai figli Edoardo e Carlo, che dopo la morte del padre nel 1878 divennero amministratori dei possedimenti dei Lorena.

Il progetto di salvataggio dei boschi casentinesi, di cui l’arboreto rappresentava il cuore, riguardava una serie di interventi innovativi nella gestione del patrimonio ambientale, ma soprattutto la sperimentazione e l’acclimatazione di specie forestali esotiche, che potessero dare un rendimento sempre maggiore, in termini qualitativi e quantitativi del legname, in previsione di una loro eventuale introduzione nella foresta.

L’arboreto ha un’estensione di circa tre ettari e ospita 139 specie arboree, fra le quali sono presenti persino le gigantesche sequoie americane.

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