Oltre che a Sansepolcro sua città natale, Piero della Francesca opera prevalentemente ad Arezzo, dove realizza la suo opera più grande, La Leggenda della Vera Croce e la Maddalena all’interno del Duomo della città e successivamente ad Urbino alla corte dei Montefeltro, dove l’artista avrà modo di portare a compimento alcune delle sue opere più importanti.
Tra i più famosi sono i ritratti dei duchi di Urbino, ovvero di Federico da Montefeltro e della moglie Battista Sforza, che oggi sono conservati a Firenze, agli Uffizi e forse l’opera più importante la pala Montefeltro conservata invece alla pinacoteca di Brera a Milano. Ad Urbino presso la Galleria Nazionale delle Marche sono esposti due dipinti la Madonna di Sinigallia e la Flagellazione. La prima presenta numerose affinità formali e stilistiche con la Pala di Brera (databile al 1472 circa), perciò viene spesso ipotizzato che le due tavole siano state dipinte a breve distanza l’una dall’altra e magari commissionate entrambe da Federico da Montefeltro.
La Flagellazione è uno dei migliori esempi, nell’arte di Piero, di sintesi tra naturalezza e rigore matematico. La tavoletta è impostata tridimensionalmente secondo accurate leggi geometrico-matematiche, che testimoniano l’interesse di Piero sull’argomento e la sua volontà di pervadere l’opera di simbolismo matematico. La corrispondenza più evidente è l’uso del rapporto aureo nel proporzionare le due metà del dipinto, quella in primo piano e quella del pretorio (il luogo dove Cristo venne flagellato), oppure nell’elaborato disegno del pavimento di marmo, perfettamente scorciato in prospettiva.
Nella vicina Perugia si trova il Polittico di Sant’Antonio. L’opera, destinata al convento di Sant’Antonio di Perugia venne cominciata poco dopo il rientro da Roma, verso il 1460. Come il Polittico della Misericordia si tratta di un’opera di impostazione arcaica, sicuramente su richiesta dei committenti, con le figure principali dipinte su un prezioso fondo d’oro e con un motivo che imita le stoffe preziose, forse ispirato a modelli iberici che l’artista poteva aver visto durante il soggiorno romano.
Maddalena, Duomo di Arezzo
L’affresco è ricordato da Giorgio Vasari nella biografia di Piero nelle Vite: «Fece nel Vescovado di detta città una Santa Maria Maddalena a fresco, allato a la porta della sagrestia».
La Maddalena si erge a dimensioni naturali, con lo sguardo abbassato verso lo spettatore e sullo sfondo di una balaustra e di un cielo azzurro. La cornice le dà la consistenza monumentale di una statua in una nicchia. La luce è chiara e nitida, che dà ai colori un tono delicato e armonico, su superfici ampie. Questa caratteristica di Piero deriva dalla lezione di Domenico Veneziano, ma è anche possibile che avesse avuto modo di vedere alcune opere di Antonello da Messina a Roma.
Polittico di Sant’Antonio, Galleria Nazionale dell’Umbria, Perugia
La cimasa è occupata dalla straordinaria Annunciazione, ambientata in una magnifica scatola prospettica. A sinistra si trova l’Angelo e a destra la Vergine al di sotto di un loggiato, mentre tra i due si aprono gli archi di un altro braccio del loggiato, che fuggono in prospettiva centrale, creando un lontano sfondamento prospettico che calamita l’occhio dello spettatore. La Vergine è colta nel momento dell’humiliatio, quando accetta il compito divino, mentre i raggi stanno raggiungendola dalla colomba dello Spirito Santo, posta in un quadrato di cielo in alto a sinistra. La sua collocazione nello spazio è molto complicata: guardando la sua testa essa sembra di fronte all’arco che la inquadra, guardando ai piedi invece si scopre come in realtà sia sotto la loggia; inoltre una ricostruzione in pianta dell’ambiente architettonico della scena ha dimostrato come sulla linea visuale tra l’Angelo e Maria si trovi una colonna (basta notare la griglia del pavimento e la sua corrispondenza con le colonne).
Madonna di Senigaglia, Galleria Nazionale delle Marche, Urbino
La scena mostra una Madonna stante col Bambino tra due angeli, all’interno di un’abitazione. Il taglio del dipinto è insolito e mostra i protagonisti come mezze figure, tagliate dal margine inferiore del dipinto. Il Bambino, in atto di benedire, tiene in mano una rosa bianca, simbolo della purezza della Vergine, mentre al collo ha una collana di perle rosse con un corallo, un simbolo arcaico di protezione degli infanti, che nel caso delle scene sacre acquistava anche un valore di premonizione della Passione per via del colore rosso-sangue. Gli angeli, dalle tenui vesti di colore grigio e rosa salmone, sono fedelmente ripresi dalla Pala di Brera. La mancanza di punti di appoggio tra le figure e lo spazio impedisce di determinare la distanza reciproca, facendo apparire i protagonisti vicinissimi allo spettatore.
Flagellazione, Galleria Nazionale delle Marche, Urbino
Nella Flagellazione di Piero le due aree rettangolari stanno fra loro in rapporto aureo. Delle tre figure a destra, quella centrale è un giovane vestito di rosso, con i piedi scalzi; quello di sinistra è un uomo maturo barbuto, con un cappello alla bizantina (come si vedono anche negli affreschi di Arezzo, derivati dalla visione dei partecipanti al Concilio di Ferrara-Firenze), i calzari da viaggio e un mantello bruno avvolto all’antica, ritratto mentre sembra accennare una richiesta di silenzio per iniziare a parlare; il terzo, a destra, è un uomo in età più avanzata, con la capigliatura rasata e con un sontuoso vestito di broccato azzurro ed oro. La loro posizione è ben individuabile confrontando i riquadri disegnati in prospettiva sul pavimento, tanto che è possibile anche disegnare lo spazio della Flagellazione in pianta e in alzata.