Il De quinque corporibus regularibus è un trattato sulla geometria euclidea, sui cinque solidi geometrici regolari iscrivibili in una sfera, i poliedri regolari, ovvero solidi la cui superficie è formata da facce poligonali, che rispetto a tutti gli altri poliedri hanno la caratteristica di avere tutte le facce, gli spigoli e gli angoli uguali, di uguale misura. I cinque poliedri regolari sono: la piramide a base triangolare, vale a dire il tetraedro (quattro facce triangolari, triangoli equilateri), il cubo detto anche esaedro (sei facce quadrate), l’ottaedro (otto facce triangolari), il dodecaedro (dodici facce pentagonali) e l’icosaedro (venti facce triangolari). Spesso, il pittore utilizzava i poliedri regolari per costruire lo spazio all’interno del quale ambientava i dipinti.
Madonna del Parto, il disegno è nello spazio segnato da un dodecaedro
De prospectiva pingendi, il trattato più famoso, è diviso in tre parti: il “disegno”, cioè come dipingere le singole figure, la “commensuratio”, cioè come disporle nello spazio, e il “coloro”, cioè come colorarle. In particolare il saggio si concentra sulla seconda parte, esaminando la proiezione delle superfici, dei corpi geometrici e dei volumi più complessi, come le parti del corpo umano, indagate cercando un fondamento scientifico della loro rappresentazione. L’opera, uno dei trattati fondamentali sulle arti figurative del Rinascimento si rifaceva anche ad argomenti di geometria solida trattati nel precedente scritto di Piero della Francesca, il De quinque corporibus regularibus. A partire da queste opere Leonardo da Vinci scrisse poi il Trattato della pittura.
Flagellazione, sono evidenziate le linee della prospettiva, il punto di fuga e le linee del cubo entro cui è ambientata la scena di sinistra
Uno dei migliori amici di Piero della Francesca, il matematico Luca Pacioli (Borgo Sansepolcro, 1445 circa – Borgo Sansepolcro, 19 giugno 1517), sviluppò nel suo trattato De divina proportione quanto scritto dal pittore nella De prospectiva pingendi. L’edizione a stampa del 1509 è composta da tre parti ben distinte: la prima tratta del rapporto aureo e delle sue applicazioni nelle varie arti; la seconda è un trattato di architettura che si rifà alla teoria di Vitruvio; la terza parte è in realtà la traduzione in italiano del De quinque corporibus regularibus di Piero della Francesca sui cinque solidi regolari. Perciò il frate toscano fu poi accusato di plagio dal Vasari. Al termine delle tre parti vi sono due sezioni di illustrazioni, la prima con le lettere maiuscole dell’alfabeto disegnate utilizzando riga e compasso da Luca Pacioli stesso e la seconda con le 60 tavole di Leonardo da Vinci.
Alcune delle 60 tavole di Leonardo da Vinci disegnate per De divina proportione di Luca Pacioli
Ritratto di Luca Pacioli (1495), attribuito a Jacopo de’ Barbari, Museo Nazionale di Capodimonte