Quando si dice Val di Chiana, è impossibile non parlare della chianina, una razza bovina autoctona dalle origini molto antiche, caratterizzata dal gigantismo somatico e dal mantello color bianco porcellana.
Allevata da più di duemila anni e citata da Virgilio, Plinio il Vecchio e altri autori latini, veniva utilizzata soprattutto come razza da lavoro, sia dagli etruschi, sia dai romani. Per il suo candido mantello era usata anche nei cortei trionfali e nelle cerimonie sacre.
Nel celebre gruppo bronzeo dell’Aratore di Arezzo, realizzato tra il 430 e il 400 a.C., oggi nel Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma, si osserva un personaggio di alto rango o un sacerdote che comanda due buoi, tradizionalmente ritenuti di razza chianina, immortalati nell’atto di arare. Accanto all’uomo si trova una statuetta di Atena Ergane, protettrice del lavoro e dell’ingegno umano, secondo la mitologia colei che inventò l’aratro, il giogo e le briglie. Secondo gli studiosi la scena ha un alto valore simbolico. Alcuni ci leggono il solco primigenio con cui fu fondata la città, altri una rifondazione morale, altri ancora un facoltoso proprietario terriero alle prese con un rito di ringraziamento per le ricchezze scaturite dalla terra lavorata.
Tra le razze bovine, la chianina è quella che raggiunge le maggiori dimensioni: nei maschi si superano i 190 centimetri di altezza al garrese, ovvero alla regione del tronco che corrisponde alle prime vertebre dorsali, con un peso che può arrivare a 1.700 kg. Nelle femmine si oltrepassano i 155 cm al garrese e si arriva a un peso di 1.100 kg. Le corna sono corte e robuste, con la punta nera. Nella femmina la testa è più allungata.
Resistente alle malattie e agli ectoparassiti, allevata sia in stalla, sia usufruendo dei pascoli – particolarmente adatti nel territorio aretino solo quelli del Casentino e dei territori appenninici di Sestino e Badia Tedalda – la chianina ha una carne molto pregiata. Quella della femmina destinata alla macellazione, la cosiddetta “scottona”, è più magra e tenera. La certificazione viene garantita dall’IGP del Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale, da esibire obbligatoriamente nei punti vendita.
Dalla regione dorso-lombare si ottiene la “bistecca alla fiorentina”, il taglio alto con l’osso più famoso. La sua sapidità dipende dai tempi prolungati di frollatura, non inferiori a quindici giorni, necessari anche per migliorarne la tenerezza.
Nonostante che il suo allevamento non sia più geograficamente circoscritto, la razza chianina è ancora un elemento imprescindibile nelle tradizioni di molti comuni delle province di Arezzo e Siena, in particolar modo di quelli della Val di Chiana.
Tra le sagre aretine più conosciute che ruotano intorno alla carne del “gigante bianco”, da ricordare la Sagra della Bistecca di Cortona, La Sagra della Bistecca di Olmo, La Sagra della Bistecca di Badia al Pino, la Sagra della Bistecca Chianina di Sestino e la Festa della Tagliata di Agazzi.
Aratore di Arezzo (tra il 430 e il 400 a.C) Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, Roma