Il suono della parola

“Il suono della parola” è una notte che sta tutta dentro un verbo: “pazziare” (per dirla insieme a Pirandello). Pazziare è parola grande, parola immensa. Pazziare è un’acrobazia. Randagia, incendiaria, scorretta, ma pure dolce. Tanto dolce. Un firmamento di libertà perdute, e miserie e paure e peccati e desideri. E di più, pazziare è un bagliore malinconico che sa dire di noi umani. Sa pronunciare un certo modo che abbiamo noi di stare al mondo. Per un siciliano, poi – per un isolano – sa assumere perimetri e complessità che chi è nato al di là del mare difficilmente potrà fare sue. Perché dentro noi vi conosciamo – radicato, viscerale – uno sguardo lungo capace di raccogliere una costellazione di violentissimi incantesimi: uno sguardo che s’avvita sulla percezione incrollabile di un eterno ritardo; e simultaneamente sulla premonizione di un’attesa senza misericordie. In ritardo, ma in attesa. Sempre. Esattamente come noi. Esattamente come ogni isola del mondo. Soli, bambini, così viviamo, così vive – in ritardo ma in attesa – qualunque cosa a questo mondo abbia bisogno di essere salvata. Il cuore di questa notte pulsa qui.